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Educazione e istruzione possono cambiare le cose!

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La scuola dove insegno è dentro un campo profughi, campo per privilegiati oserei dire, perché i pochi che vivono qui hanno ricevuto una sorta di lascia passare o di permesso temporaneo di soggiorno.
Nel campo hanno sede scuole, ong, associazioni umanitarie, una serie di baracche fungono da ospedale e, ovviamente, un mercato.
All’interno del campo profughi vero e proprio, a noi occidentali “foreigners”, come ci chiamano loro, non è permesso entrare. Qui vivono, senza luce e spesso senza acqua, ammassati uno sopra all’altro, i rifugiati che non hanno permesso di soggiorno. Questo significa che la polizia ogni giorno può decidere a suo piacimento come “gestirli”: i più fortunati vengono derubati di tutto e rispediti in Birmania; quelli meno fortunati vengono torturati, imprigionati o chissà cos’altro.
Fa davvero paura la polizia qui.

La mia scuola si chiama “Minmahaw Education Foundation”, è stata fondata nel gennaio del 2007 grazie, a finanziatori privati ed al contributo di qualche ong locale.
Si rivolge a ragazzi birmani tra i 18 e i 25 anni, attualmente gli studenti sono 54. Viene loro fornita un istruzione base, un alloggio sicuro, cibo e per quanto possibile assistenza sanitaria.
I volontari sono pochi, i fondi scarseggiano e la scuola cade a pezzi (La settimana scorsa la cucina è crollata completamente sotto il peso delle piogge!), ma nonostante ciò si respira un’atmosfera di gioia e di casa.
Vengono insegnate matematica, inglese, social studies, scienze, business, diritti umani, ma a parte la lingiua inglese, tutte le altre materie cambiano in base alla disponibilità dei volontari presenti.
Io sono qui per insegnare inglese, matematica, una materia ricreativa (Attualmente stiamo provando la recitazione) e diritti umani, soffermandomi in modo particolare sulla condizione delle donne.

Diritti umani.
Come fare a parlare di diritti umani ad un popolo che vive in esilio? La cui casa è stata bruciata dai militari? Come puoi parlare di libertà di espressione e di parola quando chi dimostra opposizione al regime viene torturato o ucciso? E il diritto alla salute? Qui si muore ancora per dissenteria e malnutrizione.
Vogliamo allora parlare della parità fra i sessi? E come? Essere stuprate è normale.
Ma io nei diritti umani ci credo e allora ci ho provato.
Ho regalato a ciascuno studente una copia della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Gliel’ho letta, e spiegata per filo e per segno.
Ma soprattutto ho tentato di fargli capire che universale significa “per tutti”, e che tutti abbiamo diritto alle stesse cose.
È seguita un’ora di silenzio totale. Erano sbigottiti, perplessi, disgustati quasi.
Poi hanno cominciato a parlare tra di loro e i loro sguardi sono cambiati, a quel punto ho chiesto di scegliere un articolo ciascuno, commentarlo e contestualizzarlo.
Si sono illuminati.
Ma soprattutto, e passatemi il termine, si sono veramente “incazzati”, infervorati.
E io che volevo insegnare a loro, ho imparato grazie a loro.
Ho imparato che l’educazione e l’istruzione possono davvero cambiare le cose.

Ho assistito allo spettacolo di un popolo torturato e spaventato, ma non per questo asservito.

Un popolo pieno di dignità e coraggio.

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E così quando oggi la polizia thailandese mi ha fermato e interrogato perché sono bianca e bionda, e perché indossavo una maglietta con stampata la faccia di Aung San Suu kyi e la scritta “freedom”, ho avuto paura. Ero terrorizzata. Ma poi ho pensato agli sguardi fieri e coraggiosi dei “miei” ragazzi birmani e la paura è passata.
Lasciando il posto alla forza e al coraggio.
E a quel punto, non hanno potuto farmi niente.

 

Clelia D’Apice

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