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HEAL – NOT WOUND

(Appello del Cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon per la fine della violenza e della guerra in Myanmar)

16_05_10_charlesbo

Il Myanmar  sta attraversando uno dei momenti più dolorosi della sua storia.

 

Con le mani giunte, chiediamo a tutti: Cura. Non ferire!

La gente del Myanmar è profondamente turbata da quello che appare come un ripiombare nei giorni più bui.

Il Myanmar ha bisogno dell’attenzione del mondo per sostenere il suo fragile cammino verso la democrazia.

Tre recenti eventi hanno colpito maggiormente il popolo del Myanmar. Lo straziante rapporto pubblicato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani il 3 febbraio che ha generato un profondo turbamento. I rapporti delle Nazioni Unite sulle brutalità e su altre gravi violazioni dei diritti umani perpetrati dalle forze di sicurezza in un’area a nord di Maungdaw nello stato Rakhine.  Le descrizioni dell’Alto Commissariato ONU di barbarie e disumanità tali da non poterle neppure leggere e difficili persino da credere.

Negli ultimi cinque anni il Myanmar ha sperimentato molti cambiamenti positivi ed è diventato un paese più aperto.  Gli uomini e le donne del mio Paese vivono questo come un’alba di speranza.

L’apertura dell’economia e dei media, una democrazia che funziona, un trasferimento dei poteri nella tranquillità – tutto punta verso un Myanmar rinnovato fatto di sogni e speranze.

Preghiamo con fervore che tutto questo non diventi una falsa alba.  I mercanti di odio hanno dispiegato le loro ali.  L’odio contro quelli di differente razza e religione si va intensificando a livelli allarmanti.  Quello che sta avvenendo nello stato Rakhine va fermato una volta per tutte.

Con uguale profondità mi preoccupano le situazioni degli stati Kachin e Shan settentrionale, specialmente dopo l’arresto dei due pastori cristiani nel Kachin, Nawng Latt e Gam Seng, a Mong Ko, dopo il bombardamento di una chiesa cattolica.  Mi auguro che giustizia sia fatta e che siano rilasciati.  Prego anche per le centinaia di profughi a seguito delle recenti offensive militari nel nord del Myanmar.

Il tragico assassinio di U Ko Ni di una settimana fa rappresenta un altro passo indietro per il Myanmar e un colpo per le nostre speranze di pace e democrazia nel nostro paese.  Porgo le mie sentite condoglianze alla sua famiglia e ai suoi amici e le mie preghiere per la sua famiglia e per tutti i suoi collaboratori, che proseguano nei suoi coraggiosi sforzi di riforma costituzionale, così necessaria per il Myanmar.

Chiedo al governo del Myanmar di porre fine all’offensiva militare contro i civili dello stato Rakhine.  Pace e giustizia sono possibili e questa è l’unica via.

Chiedo al governo del Myanmar di porre fine all’offensiva militare contro negli stati Kachin e Shan settentrionale

Chiedo al governo del Myanmar di consentire il libero accesso in ogni parte dello stato Rakhine, dello stato Kachin e dello stato Shan settentrionale, alle agenzie internazionali di aiuto umanitario e agli osservatori dei diritti umani.

Chiedo al governo del Myanmar di lavorare insieme alla comunità internazionale per investigare sui crimini riportati dalle Nazioni Unite, in modo totalmente indipendente che porti a verità e giustizia.

Mi appello alla comunità internazionale affinché vigili. Voi avete dato il benvenuto ai cambiamenti positivi.  Il popolo del Myanmar cerca pace e cambiamento in meglio. I mercanti d’odio che vivono del sangue versato dal fratello contro il fratello sono ancora attivi. Il Myanmar ha bisogno che la comunità internazionale dia ogni supporto all’attuale governo democratico, avendo chiara consapevolezza che la violenza contro qualsiasi popolazione non è accettabile.

Offro le mie preghiere e la mia solidarietà a tutto il Myanmar, ma specialmente in questo momento, allo stato Rakhine, allo stato Kachin e allo stato Shan settentrionale, a chi è in lutto, vulnerabile, impaurito, senza casa, affamato, malato e a tutti gli orfani e alle vedove, alle vittime di rapimenti e torture.

Che il devastante rapporto delle Nazioni Unite serva per dare una sveglia a tutti noi.

Lavoriamo insieme per cancellare nella nostra nazione la violenza e il terrore, per costruire un Myanmar in cui ogni uomo, ogni donna, ogni bambino, di ogni razza e religione, nato sul suolo del Myanmar sia riconosciuto come nostro concittadino e come fratello e sorella nell’umanità.

Costruiamo un Myanmar in cui la speranza non sia un’illusione, in cui ci si possa dare la mano, senza guardare all’etnia o alla religione, in pace e solidarietà.  Mi impegno nel rinnovare i miei sforzi per questo fine e tendo le mani a tutti i miei fratelli e sorelle di ogni razza o religione, perché si uniscano a me.  Pace e giustizia sono possibili. Il 2017 è stato dichiarato dalla Chiesa cattolica “anno di pace”.

Proseguiamo insieme il pellegrinaggio verso la pace.  Mai più la guerra.

Charles Cardinal Maung Bo

Archbishop of Yangon

7 February, 2017

 

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