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Introduzione allo Stato Kayin (Karen): dal conflitto all’accordo di pace e la disputa di Hpapun

Di Andrea Castronovo

 

 

Dal conflitto all’accordo di pace
Il Karen National Union (KNU), il gruppo armato in rappresentanza della popolazione Karen, che negli anni Ottanta possedeva 10.000 soldati, è sempre stato uno dei gruppi etnici armati più capaci a livello militare dell’intero Paese. Nel suo picco di estensione territoriale, il KNU riuscì a controllare un’ampia parte del Myanmar orientale, dallo Stato Shan all’attuale Divisione Tanintharyi. La zona sotto la sua influenza fu conosciuta come lo Stato libero del Kawthoolei. Ad oggi il territorio sotto il controllo del KNU, ufficialmente chiamato Stato Kayin, è organizzato in sette distretti, ciascuno posto sotto la sicurezza di una specifica brigata dell’esercito Karen, chiamato l’Esercito di Liberazione Nazionale dei Karen (Karen National Liberation Army – KNLA): il distretto di Thanton, sotto il controllo della Brigata numero 1; il distretto di Toungoo, sotto il controllo della Brigata numero 2; il distretto di Nyaunglebin, sotto il controllo della Brigata numero 3; il distretto di Mergui-Tavoy, sotto il controllo della Brigata numero 4; il distretto di Hpapun, sotto il controllo della Brigata numero 5; il distretto di Duplaya, sotto il controllo della Brigata numero 6; e il distretto di Pa’an, sotto il controllo della Brigata numero 7. L’amministrazione finanziaria e il processo di reclutamento dell’esercito Karen sono gestiti in modo indipendente dalle singole brigate. Questo fa sì che la posizione territoriale strategica delle diverse brigate sia il fattore maggiormente influente per lo sviluppo militare ed economico dei singoli distretti Karen. Ad esempio, le brigate numero 6 e 7 divennero le unità più potenti dell’esercito negli anni Settanta e Ottanta dato che, grazia alla propria posizione geografica, controllavano la quasi totalità del contrabbando transfrontaliero dal Myanmar alla Thailandia.

Durante il corso degli anni Novanta, dato che il governo militare riuscì a stabilire degli accordi di pace con la quasi totalità dei gruppi etnici, le Forza Armate del Myanmar, conosciute come il Tatmadaw, concentrarono la maggior parte della propria potenza militare esclusivamente contro i Karen, che ancora si rifiutavano di negoziare con i militari. Le conseguenze furono profonde. In aggiunta, nello stesso anno, il KNU subì una scissione interna, con la creazione dell’Esercito Buddista Democratico dei Karen (Democratic Karen Buddhist Army – DKBA), una fazione armata buddista composta da 3.000 soldati, che passò direttamente tra le fila del Tatmadaw. Nel corso degli anni Novanta la controffensiva militare, coordinata dalla nuova alleanza tra le unità delle Forze Armate del Myanmar e il DKBA, si concentrò principalmente sul distretto di Pa’an, il cuore militare e finanziario dei Karen, sotto il controllo della brigata numero 7. L’avanzata militare ebbe successo e il KNU perse il suo quartier generale, chiamato Mannerplaw. Questo portò il Generale della brigata numero 7 del KNLA ad accettare un accordo di cessate il fuoco bilaterale con il governo che portò alla scissione di una fazione della brigata numero 7 e la formazione di una milizia governativa chiamata il Consiglio di Pace KNU/KNLA (KNU/KNLA Peace Council – KPC) nel 2007.

Oltre alla costante riduzione dell’estensione del proprio territorio, uno dei fattori che influenzarono maggiormente l’agire dell’intera leadership dei Karen fu l’impatto del cambiamento delle relazioni tra il governo birmano e quello thailandese sul KNU. Questo perché la Thailandia supportò fortemente il movimento di rivolta dei Karen, prima come avamposto per limitare l’avanza comunista all’interno del proprio territorio, ricordando che gli anni Sessanta e Settanta furono il periodo dell’espansione comunista in Vietnam, Cambogia e Laos, e successivamente per contrastare i movimenti armati coinvolti nel narcotraffico. “Dalla fine degli anni Ottanta, tuttavia, la politica thailandese nei confronti dei suoi vicini cambiò, passando dal sostegno ai gruppi armati nelle zone di confine, a una strategia di coinvolgimento diretto dei governi nazionali” (Ashley South, 2011). Da questa politica del governo thailandese, conosciuta con lo slogan “trasformare i campi di battaglia in mercati finanziari”, seguì un miglioramento dei rapporti economici bilaterali tra Yangon e Bangkok. La liberalizzazione dei mercati transfrontalieri tra i due paesi indebolì fortemente il KNU, soprattutto i suoi distretti sul confine, in quanto annullò quasi totalmente gli introiti dei Karen provenienti dal contrabbando, una delle principali fonti di reddito del movimento.

Nel 2012, il KNU firmò l’accordo bilaterale di cessate il fuoco con il governo militare. Questo fu un evento storico all’interno dell’evoluzione del conflitto civile in Myanmar. I Karen erano stati il primo gruppo etnico ad insorgere contro il governo centrale all’indomani dell’indipendenza e il raggiungimento di un accordo di pace duraturo pose maggiore enfasi e positività sulla definitiva conclusione dei conflitti nel Paese. Proseguendo nelle negoziazioni per la pace con le istituzioni nazionali, nell’ottobre 2015, il KNU firmò anche l’Accordo di Cessate il Fuoco Nazionale (Nationwide Ceasefire Agreement – NCA), l’attuale struttura volta al raggiungimento della pace in Myanmar. Il KNU è tuttora il gruppo etnico armato più importante a partecipare al processo di pace nazionale.

 

La disputa di Hpapun
La partecipazione del gruppo Karen all’interno dei negoziati per la pace subì una temporanea battuta d’arresto, quando, nell’ottobre del 2018, il KNU decise di ritirarsi dal NCA a causa dell’avanzata del Tatmadaw, nel marzo precedente, all’interno del suo territorio, precisamente nel distretto di Hpapun, controllato dalla brigata KNLA numero 5. L’episodio si basò sulla volontà del Tatmadaw di ricostruire la strada tra le sue due basi militari all’interno della città di Hpapun per velocizzare il passaggio dei propri mezzi militari. Questo venne visto dai Karen come un tentativo di aumentare il grado di militarizzazione all’interno proprio territorio.

Il ritiro momentaneo del KNU dall’NCA, che durò per circa un anno, causato anche dagli sviluppi conflittuali con il Tatmadaw, fu un evento estremamente negativo che rallentò ulteriormente l’intero processo dell’NCA. Per tutto il corso dell’anno il KNU partecipò a numerosi incontri informali con il governo e i militari prima di ritornare a partecipare attivamente alle negoziazioni ufficiali per la pace. Tuttavia, gli scontri nella città di Hpapun sono continuati nell’arco del 2019, 2020 e 2021.

 

Conclusione
Secondo gli ultimi aggiornamenti, dal dicembre del 2020 ad oggi, gli scontri hanno causato circa 3.700 sfollati. Inevitabilmente, all’interno di queste dinamiche conflittuali, è la popolazione a subire le conseguenze più gravi. Nonostante il KNU sia ufficialmente ritornato all’interno dell’NCA, e quindi tecnicamente in una condizione di cessate il fuoco con i militari birmani, sembra che questa disputa territoriale tra le due parti non riesca ad essere risolta. Le proteste da parte dei cittadini Karen si fanno sempre più frequenti e l’ultima, in termini temporali, è avvenuta il 6 gennaio, dove un migliaio di persone si sono riunite a Hpapun, in una manifestazione pacifica, per chiedere la rimozione delle postazioni dell’esercito birmano all’interno del proprio territorio. Ad oggi la tensione tra il Tatmadaw e la brigata numero 5 del KNLA rimane alta, ma risulta improbabile che ciò possa svilupparsi in un effettivo conflitto tra i due eserciti. Solamente attraverso il miglioramento del meccanismo di monitoraggio del NCA e un dialogo più efficace tra il gruppo etnico Karen, il Governo e il Tatmadaw si potrà porre fine a questa disputa, prima che si protragga troppo a lungo nel tempo, con il rischio di riaccendere divergenze passate. L’instabilità creatasi nel nord dello Stato Kayin (Karen) necessità di una risposta immediata.

 

Il capitolo Dal conflitto al processo di pace, all’interno dell’articolo, rappresenta un breve estratto della tesi del medesimo autore, intitolata: Il conflitto civile in Myanmar: un’analisi degli attori e delle prospettive di pace.

 

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