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Lettera per il Capodanno birmano – di Andrea Castronovo

Cari amici birmani,

Vi scrivo questa lettera seduto a terra, sudato e con i piedi sporchi, in una bellissima pagoda birmana in cima ad una piccola collina. Davanti a me c’è una vista stupenda. Ci sono villaggi con chiese e ristoranti, campi di riso, macchine e moto che corrono sulle strade, persone che passeggiano nei mercati di carne e verdura, e una natura sconfinata. Tutto quello che vedo per decine, centinaia, di chilometri sono tutte zone liberate. 
 
Per ragioni di sicurezza non posso essere più preciso. Ma sappiate che mi trovo a soli 120 chilometri di distanza dalla capitale militare Naypyidaw. La Rivoluzione è più vicina al centro vitale dei militari di quanto si creda.
 
Ho camminato e viaggiato in macchina per ore nelle ormai vaste zone liberate del Myanmar. Ho dormito a casa dei genitori dei membri della resistenza, nei campi profughi e in uffici di bamboo dei nuovi governi federali. Ho mangiato nelle capanne delle persone sfollate dalla guerra e dopo lunghe camminate sono stato accolto come un figlio. Si preoccupavano se avessi fame e sete, se avessi un posto dove dormire, e se la mia maglietta fosse troppo sudata. Nonostante l’incredibile condizione di sofferenza in cui si trovano da anni, da decenni, il senso di solidarietà e di accoglienza rimane sorprendente. Queste sono le famiglie birmane. Queste sono le madri del Myanmar.
 
Sono qua per studiare le strutture amministrative e le forme di governo delle zone liberate. Per questo, ho avuto la fortuna di parlare non solo con i membri dei governi etnici federali, ma soprattutto con amministratori locali che con enormi difficoltà cercano di ricostruire le fondamenta dell’amministrazione pubblica territoriale. Ho parlato con avvocati e giudici dei tribunali locali, impegnati con centinaia di casi, ma poche risorse umane. Ho discusso a lungo con i giovani coinvolti nella politica, nella società e nella rivoluzione armata. La loro dedizione, il loro sacrificio, e soprattutto la visione del loro paese sono di profonda ispirazione, ogni giorno.
 
Tutto questo avviene in zone distrutte dai bombardamenti dei jet militari. È vero, prima ho detto che la vista dalla pagoda era bellissima, ma solo scendendo si vedono gli orrori commessi dalla giunta militare. Villaggi rasi al suolo, città in macerie e chiese e scuole date alle fiamme. In più ci sono i traumi fisici e psicologici causati dalle violenze, stupri e dai bombardamenti aerei. Vicino a dove dormo, qualche mese fa i militari hanno bombardato una scuola elementare uccidendo quattro bambini.
 
Ma lo spirito e la forza di volontà del popolo sono più forti della brutalità dei militari. Accanto alle città distrutte è rinata una società fatta da donne, giovani e bambini, fatta da Yebo (così vengono chiamati i membri della resistenza), insengnanti, meccanici, falegnami e politici. Se dall’esterno si vedono capanne e strutture precarie, solamente entrandoci si percepisce il loro valore enorme. Qua si sta costruendo il nuovo Myanmar.
 
Mi dispiace molto non essere lì con voi in questo momento storico per tutti noi: il primo thingyan in Italia.
 
So che non è un momento di festa. So che il vostro cuore e la vostra mente sono costantemente con il vostro popolo. Ma so anche quanto ognuno di voi abbia supportato la Rivoluzione al massimo delle proprie capacità, perfino andando oltre. La Rivoluzione ha fatto passi da gigante in solamente tre anni anche grazie a voi. Qua lo sanno tutti: il contributo delle comunità birmane all’estero è stato, ed è tutt’ora, di vitale importanza.
 
Voglio dirvi che il tempo per festeggiare tutti insieme arriverà presto e con sé porterà anche il tempo per riposare.
 
Auguro a tutti un buon anno.
 
Con affetto,

Andrea 

Andrea Castronovo
Ricercatore e membro della Associazione per l’Amicizia Italia-Birmania Giuseppe Malpeli

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